Psicologi e Psicologia in Liguria

Supplemento al Giornale degli Ordini degli Psicologi della Liguria – n. 2/2015

Flash

Il testo ‘Il Gallo siamo noi’ (V. Correddu, Chiarelettere, Milano, 2015), fin dal titolo, ci parla della figura e del ruolo di Don Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto, valorizzando gli incroci fra le diverse storie di vita che ciascun autore propone.

Di qui, coerentemente, l’intento di orientare questa presentazione in senso autobiografico.

Partirò quindi da uno scritto sull’autobiografia di Don Gallo del 2007, ‘Angelicamente Anarchico’, dove a suo tempo scrivevo: “…da formatore, la cosa che più mi è rimasta impressa (rispetto ai ‘suoi’ ragazzi) riguarda una breve formazione, non a caso sull’approccio autobiografico, condotta diversi anni fa con uno dei gruppi di operatori della Comunità di San benedetto al Porto, notoriamente piuttosto ‘autosufficienti’ dal punto di vista formativo.”

La Comunità è stata infatti considerata, per oltre 40 anni, una sorta di creatura vivente, pulsante ed inscindibile dalla figura del suo fondatore.

Oggi, dopo due anni trascorsi senza più la presenza fisica di Don Andrea, è proprio la “combriccola di gente a posto, che ha pagato il conto con l’esistenza e che ora riesce finalmente a vivere davvero e anche a sorridere” (come Vasco Rossi, nella prefazione al volume, definisce empaticamente e simpaticamente l’universo delle persone della Comunità) che prende la parola per testimoniare il cammino percorso insieme e la vita che prosegue.

Ed è Viviana Correddu, l’autrice principale del volume, a trovare le parole non formali per una dedica al Don intonata alla sua schiettezza: “Intanto, beccati questo! E’ per te, dai tuoi ragazzi.”

 

Anima fragile

Questo il titolo della prima parte del volume, dove Viviana ripercorre il cammino della propria rinascita “con Vasco nelle orecchie”, a partire da una mattina del 2007: “E’ iniziata una mattina la mia liberazione. Mi sono svegliata e il mio sguardo si è posato sulla mia immagine riflessa. Nello specchio ho visto una ragazza di quasi ventisette anni, il viso e il corpo troppo magri, il sudore appiccicato alla pelle e due occhi grandi, immobili, sgranati.” Ed è tramite un percorso caratterizzato da autodeterminazione, protagonismo, fiducia (“La fiducia. Incredibile. Qualcuno poteva fidarsi ancora di me, di una tossica.”), impegno politico e vita comunitaria che ci viene restituita non solo la grandezza e l’unicità del Gallo, ma anche il suo essere umano, evidenziandone pregi e difetti.

“A volte peccava semplicemente di egocentrismo”, dice Viviana, e capitava che fosse “stanco e scoglionato, scorbutico e a tratti insofferente.” Gli aspetti critici vengono però subito sovrastati da una riconoscenza pressoché incondizionata.

E giunge il 2013, anno della scomparsa di Don Gallo, quando il dolore e lo smarrimento del ‘dopo’ viene affrontato da Viviana anche con la scrittura, e proprio con la stesura di questo contributo personale e di raccolta delle “storie degli altri. Il Gallo degli altri.”

 

I figli del Gallo

Nella seconda parte del volume ci sono diverse riflessioni appositamente sollecitate o ricevute, che riguardano i tantissimi per cui “Andrea è stato padre, nonno, maestro, educatore.” Ed è proprio l’incrocio di vite diverse fra loro ma unite nel rapporto con il Gallo che descrive un universo di varia umanità e grande potenza trasformativa. Letizia, che apre emblematicamente queste testimonianze, rappresenta per molti versi un unicum: oggi venticinquenne, figlia di una operatrice ‘storica’ della Comunità, nasce alla fine degli anni ’80 in una delle strutture di San Benedetto ed ha conosciuto il Don, da sempre, come ‘il nonno Gallo’. Ma tutte le storie che si succedono, comprese quelle in appendice di due esponenti della Comunità fra i più noti, annotano l’intreccio fra la vita del singolo, la Comunità e il Gallo.

E’ una dimensione non semplice da comprendere in termini strettamente professionali, ma ben sintetizza gli intrecci vitali che un leader carismatico come Don Gallo ha saputo suscitare e che ciascuno di noi è chiamato, laicamente, a trasformare in possibili apprendimenti per il futuro.