Specchi e finestre: quando la scrittura “acchiappa” i pensieri.

Il libro e il progetto  “Nati per scrivere”  

Graziella Favaro

Era come se la penna andasse da sola. Guardarmi dentro, acchiappare i pensieri e riportarli sul foglio è stato bellissimo”; “Se io fossi un paesaggio, sarei un tornado”: sono frammenti di pensieri e racconti scritti dai bambini che hanno partecipato al progetto NATI PER SCRIVERE. Percorsi di scrittura autobiografica nella scuola primaria, promosso dalla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari. I laboratori  hanno coinvolto oltre novecento alunni di quarta e quinta classe di primaria e li hanno sollecitati a scrivere di sé, ad “acchiappare” i pensieri, a dare forma e parola alle emozioni. La scrittura è diventata così occasione di sosta, pratica di osservazione e di auto osservazione, esercizio di silenzio.  La scrittura ha sollecitato ad  aprire finestre  sugli angoli di mondo abitati e attraversati ogni giorno e a riflettersi dentro lo specchio dei ricordi e dei vissuti. Il progetto NATI PER SCRIVERE  è ora raccontato nel  libro, curato da Ludovica Danieli e Giorgio Macario,  pubblicato nella collana Quaderni di Anghiari diretta da Duccio Demetrio e Stefano Raimondi, da Mimesis. Il testo è una vera e propria miniera di proposte, bussole, riferimenti;  raccoglie riflessioni e proposte di coloro che hanno accompagnato il cammino di scrittura autobiografica dei bambini e che possono essere replicate, trasferite e re-inventate in altri contesti e laboratori.

Il tema che fa da filo conduttore alle attività di scrittura è quello del paesaggio, colto nella sua dimensione reale  e fisica e nella sua dimensione ideale o immaginata. Il paesaggio dunque inteso come scoperta e racconto dei luoghi abitati, delle presenze e delle  esperienze vissute e inteso come metafora di noi stessi, scenario del ricordo e sfondo dell’immaginazione.

Le sollecitazioni sperimentate nei laboratori e le proposte operative sono moltissime e  sono raggruppate in tre percorsi:

-il paesaggio fuori di me;

-rispecchiarsi nei paesaggi;

-il paesaggio dentro di me: le emozioni.

I tre percorsi corrispondono ad altrettanti esercizi e usi della scrittura autobiografica.

Scrivere vuol dire affinare lo sguardo

Nei laboratori di scrittura autobiografica, i bambini sono  sollecitati a osservare, a raccontare  con parole e immagini i luoghi che abitano, attraversano, percorrono ogni giorno, ad aprire gli occhi e adottare uno sguardo più largo e sapiente.

Scrivere vuol dire riconoscersi

Le attività invitano i piccoli scrittori a ritrovarsi nei luoghi e negli ambienti, a trovare corrispondenze fra sé e l’esterno, a praticare e inventare metafore e  a rispecchiarsi nel pezzetto di mondo che ci appartiene e al quale apparteniamo. Invitano a ritrovare nei paesaggi interiorizzati i ricordi, le esperienze e gli  incontri che ci fanno essere ciò che siamo.

Scrivere vuol dire stare nel silenzio 

Per osservare e per riconoscersi occorre  stare per un po’ in silenzio, permettere ai pensieri di fluire  e posarsi e alle parole di trovare  la strada e farsi suono e forma. Ogni bambino deve trovare anche solo per un momento il proprio “posto silenzioso”, per riprendere il titolo di un bellissimo albo, dal quale è tratta l’immagine che segue  (Un posto silenzioso di L. Ballerini e S. Mulazzani, Lapis 2016), dove accogliere e “acchiappare” i pensieri che altrimenti volerebbero via.

Il libro NATI PER SCRIVERE può fare proprio l’invito Nulla dies sine linea: nessun giorno senza  esercizio, o senza scrittura, che  ci viene dalla frase attribuita da Plinio al pittore greco Apelle e che dà anche il titolo a un progetto sulla scrittura – quotidiana e manuale – realizzato dall’università di Roma Tre  in moltissime scuole.  (B.Vertecchi, I bambini e la scrittura. L’esperimento di Nulla dies sine linea, Angeli 2016).

Sollecitare i bambini ogni giorno a un esercizio di scrittura vuol dire allenarli a osservare, fermare i pensieri, dare forma alle emozioni, moltiplicare le parole e arricchire il lessico. Vuol dire abituarli pian piano ad accogliere il silenzio, fare spazio alle emozioni e dilatare il tempo. Alla fine del percorso proposto dal progetto NATI PER SCRIVERE molti dei bambini coinvolti possono dire forse:   “Ora ce l’ho un posto silenzioso. Un posto tutto mio dove stare ogni tanto, per ascoltare  le parole dentro di me”.