Mariella Sassone

ADESSO…ME LO SCRIVO

Sull’utilizzo della scrittura nella relazione di aiuto e…di autoaiuto.

Saggio ma non troppo

(Mimesis, Quaderni di Anghiari, Giallo, N. 1, Milano, 2018)

Recensione di Giorgio Macario

 

L’intreccio fra relazioni di aiuto e relazioni di autoaiuto prefigura nuove possibili declinazioni del binomio specializzazione professionale-competenza naturale, i cui confini sono diventati più fluidi e meno rigidi particolarmente nel corso di questi primi due decenni del secolo. Personalmente ho avuto modo di approfondirlo nell’ambito di svariate azioni formative rivolte a professionisti affinchè valorizzassero adeguatamente le competenze delle persone di cui si prendevano cura.

Mariella Sassone, nel suo recente contributo, esplora questo nuovo territorio riferendolo all’arte della scrittura. E se la premessa del volume fa riferimento alla necessità da parte dell’autrice di scrivere la storia della propria scrittura, connotando la spinta iniziale in direzione autobiografica, questo stesso avvio  si conclude con la volontà di dimostrare come la pratica della scrittura possa essere salutare.

Il ‘Perché scrivere’ viene quindi articolato, con un richiamo costante all’esperienza, in riferimento a Maestri di esperienza, alla ricerca del significato della vita tramite la scrittura, al ritmo personale da determinare, ai sensi da attivare affinchè si possa “sollecitare una scrittura sensibile” in una relazione di aiuto, alla tensione costante verso una relazione con il sé che scrive capace di acquistare qualità e diventare creativa.

Ma è nella seconda parte dell’agile volume che l’autrice si addentra nelle diverse forme della narrazione tramite la scrittura orientata alla relazione di aiuto, esplorando sia egografie minori, come le lettere  che possono consentire di sperimentare diversi linguaggi, sia egografie maggiori, a partire dal diario, individuato come la forma più comune di scrittura, che si può prestare ad essere utilizzato particolarmente “in situazioni vessatorie e catalizzanti, quando l’evento disturbante è ripetitivo e quotidiano, quando l’affanno è costante e la sofferenza è subita…”, o, nella sua forma ‘minima’, “come supporto in caso di disturbi alimentari, o altre dipendenze come il fumo”, spostando di fatto l’attenzione dalla pulsione del gesto all’azione dello scrivere.

Per giungere all’autobiografia, al culmine delle egografie maggiori, come storia di separazione creativa da sé, che al contempo indaga e ricostruisce il proprio percorso, ma è anche strumento di cura che traduce l’esperienza in linguaggio concettualmente maneggiabile, in un viaggio che può essere accompagnato da un ‘facilitatore’.

Ed è a questo punto, in conclusione del suo lavoro, che l’autrice introduce il tema della scrittura creativa come possibile (e relativamente nuovo, se affrancato dalla sua “valenza prevalentemente letteraria”) strumento da introdurre in una relazione di aiuto, articolandolo in una successione di spunti e di proposte operative. Con un riferimento esplicito al tema, quantomeno controverso, della possibile appartenenza della scrittura creativa al ‘mondo’ della scrittura autobiografica: quesito al quale l’autrice fornisce una risposta parzialmente positiva anche se condizionata da alcuni fattori. Un quesito che credo rimanga una questione aperta, in attesa di ulteriori approfondimenti.