copertina-Le stagioni

Ricordi d’infanzia

(a cura del Circolo di scrittura autobiografica a distanza – Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari – Autori vari – Curatrici : Oriana Borghi – Anna Noferi – Stefanie Risse – Maria Rosa VenturaEquinozi, Roma, 2014)

 

Questo libro è qualcosa di più di una raccolta di testi autobiografici: rappresenta infatti l’incontro di memorie preziose generosamente condivise con il lettore da parte di autrici ed autori del ‘Circolo di scrittura autobiografica a distanza’.

Nel quotidiano fragore di innumerevoli grida ed immagini queste parole silenziose, scelte una ad una con la lenta cura della scrittura manuale, ci riportano verso un sentire discreto ma incisivo in quanto appartenente a ciascuno di noi.

Le stagioni della vita, così come le stagioni del tempo, ci accomunano, e se i ricordi sono vari e peculiari, le sensazioni si ritrovano simili nell’intensità e nella condivisione dei sentimenti.

Leggendo queste pagine emerge tutta la delicatezza e la cura di testimonianze di vita affidate alla scrittura epistolare, dove risaltano –come osserva Duccio Demetrio nella prefazione- “…in particolare i ricordi legati agli incontri con la natura, la terra, il mare, gli alberi, i fiori…”.

I fili delle ‘strade di seta’ che portano da una stagione all’altra, si dipanano, sempre simili e mai uguali, lungo le pagine del testo. E scopri che oggi come allora la pioggia d’autunno “profumava di umido e di calore” ma anche di uva, di mele e castagne nel latte.

L’inverno racconta di tempi più difficili, di freddo e privazioni, ma anche di “vita familiare che si concentrava intorno al camino o alla stufa della cucina”; e c’è rimpianto per riti antichi come l’allestimento corale di piccoli presepi casalinghi con muschio raccolto nei boschi, ma anche indizi di nuove sensibilità dei tempi che mutano. E’ figlia del suo tempo la piccola Laura che all’alba del 1968 non consegna ai genitori la letterina di Natale scritta a scuola perché “c’era scritto … che sarei stata più ubbidiente e non avrei detto bugie; già sapevo che non avrei mantenuto tali promesse e perciò tanto valeva buttare la letterina nel cestino.”

Trionfa la primavera nei ricordi d’infanzia: il verde dei prati, l’albero amico che torna a vivere, i “fiori amati per i colori e i profumi indimenticabili”, e la riconquistata libertà: “…partivamo dal paese in tre o quattro compagni di scuola, si pedalava lungo le strade bianche di campagna, fra i masi, fino alle sponde dell’Avisio dove ci fermavamo a mangiare la nostra merenda…”. Ma la primavera riusciva a insinuarsi anche fra i palazzi delle città, dove “piccole piante in vaso che, avvizzite, avevano resistito all’inverno, sembravano rialzarsi…”.

E’ una amica ritrovata questa primavera perché ognuno di noi almeno una volta è arrivato in cima alla collina e poi si è tuffato in discesa “…veloce come il vento, come se il… corpo non avesse più un suo confine preciso, perché era fuso con la natura, in un abbraccio stupendo.”

Se la primavera è la stagione che più consente di avvicinarsi alle gioie della natura, l’estate con i suoi eccessi sembra favorire un ripiegarsi intimo dell’animo. Nella ricerca di frescura e di ombra il corpo si abbandona vinto e i pensieri vagano ammaliati dal silenzio dei meriggi: “…mi coricavo su un prato all’ombra, lentamente il mio respiro e quello del cane si regolarizzavano, allora potevamo apprezzare ed ascoltare il ronzio delle api, il cinguettio degli uccelli, il trattore che passava sulla strada sterrata, le voci dei contadini…”

Ma “L’estate è caldo, sole splendente, luce diffusa, colori, profumi di fiori dalle corolle aperte ad illuminarsi e bearsi di sole, indifferenti alla breve vita che gliene deriverà”, e allora sbocciano gli amori nelle pieghe morbide delle vacanze estive, amori lievi ed effimeri, che lasciano però ricordi profondi.

Autunno, inverno e primavera sono in questo libro stagioni di Terra, solo l’estate sembra abbracciare sia la Terra che il Mare, terra nella fatica dei campi e nell’abbondanza dei frutti e mare come profumo, azzurro e musica.

Ed è proprio l’estate l’ultima stagione che, attraverso queste lettere autobiografiche, completa l’affresco della natura, dove acqua, terra, luce ed aria si legano per sempre ai “…segreti, intimi, dolcissimi o amari, tuttavia in ogni caso nostri e soltanto nostri. Scriverne –scrive ancora Demetrio-, è come trovare in essi un rifugio che possiede la grande virtù di diventare parola, di esprimere ad altri… quanto provammo allora e continua a legarci a quegli istanti facendoci essere quel che siamo.”

In sintesi: un tuffo in mille ricordi d’infanzia che invitano, richiamando le proprie stagioni della vita, a prendere (o ri-prendere) la penna in mano.

(Giorgio Macario)