Angelicamente anarchico-COPERTINA

 

Autobiografia – Mondadori (2007)

A fine mattinata era giunto un autocarro carico di sapone, che andava smistato e distribuito gratuitamente alla popolazione del quartiere attenendosi ad un elenco che era già il frutto di un incrocio fra esigenze diverse emerse in sede C.L.N. e una lista fortemente caldeggiata dal Partito Comunista Italiano. La lista era molto lunga ed andavano distribuiti quattro pezzi di sapone ciascuno.
Nello stesso tempo si era presentato anche Don Bruno, della Parrocchia di San Teodoro, che con garbo mi disse: “So che è giunto un autocarro carico di sapone. Questa è la lista dei poveri della Parrocchia, spero che ci sia qualcosa anche per loro.”

Ora io non sono mai stato troppo a favore della chiesa, ma questa mi sembrava proprio una guerra fra poveri. Presi i due elenchi, li unii insieme e feci distribuire due pezzi di sapone –anziché quattro- a ciascuno di loro, accontentando tutti. O almeno così credevo.

Questa azione impulsiva costò molto a mio padre, allora responsabile del C.L.N. nella zona di San Teodoro a Genova.
E tutte le volte che ripenso a questo episodio non posso fare a meno di pensare ad Andrea, a Don Gallo, che in questa commedia avrebbe potuto svolgere entrambe le parti: sia perorare la causa dei ‘suoi’ poveri (meglio direbbe dei suoi ‘compagni’) come fece Don Bruno, sia applicare un principio di equa distribuzione delle risorse, come fece mio padre, che un po’ anarchico lo è sempre stato.
Ma io Don Gallo l’ho conosciuto in tante occasioni diverse, specialmente negli ultimi quarant’anni di vita genovese, l’ho incrociato tante volte, in occasioni felici ma anche tristi, da averne ormai perso il conto. L’ultima al funerale di Paride Batini, Console della Compagnia Unica nel Porto di Genova.
Anche se, da formatore, la cosa che più mi è rimasta impressa riguarda una breve formazione, non a caso sull’approccio autobiografico, condotta diversi anni fa con uno dei gruppi di operatori della Comunità di San benedetto al Porto, notoriamente piuttosto ‘autosufficienti’ dal punto di vista formativo.
Ma veniamo a qual ‘pezzo unico’ che è la sua Autobiografia, ‘Angelicamente Anarchico’ (che potremmo anche chiamare, come usa fare in formazione, il libro delle 3 A).
Nelle prime 10 pagine si parla fra gli altri degli incontri con Manu Chao, Moni Ovaia e Romano Prodi. Ma è l’incontro con Stella, transessuale brasiliano sbarcato in Italia con il sogno di diventare una ballerina, finito sul marciapiede e in carcere, che apre il volume. Don Gallo porta lo porta con sé in prima fila al concerto del Teatro Carlo Felice dedicato a Fabrizio De Andrè, e lui piange per tutta la durata del concerto.
Il suo credo può essere descritto con le sue stesse parole: “…Non dimentico mai la Bibbia e il Vangelo. E non dimentico mai quello che ha scritto Marx.”
Ma può essere descritto anche con il suo estremo pragmatismo, come quando di fronte al letto di morte della madre, alla domanda “Andrea, è vero che sei comunista?” lui risponde “Si, mamma.” Ed alla sua replica “Non è vero. Tu sei figlio di Don Bosco” la sua risposta ugualmente positiva è sempre “Si mamma”.
Ma che Don Gallo sia un prete sui generis lo rivela anche l’episodio del ‘falso prete’.
All’arrivo da un viaggio in abito talare, Don Gallo scende alla stazione di Piazza Principe e viene fermato da due agenti che lo accompagnano dal Commissario della Polizia Ferroviaria. Don Gallo non voleva mostrare i suoi documenti perché non capiva il motivo di tale richiesta, ed iniziò una escalation fra la sua ‘testardaggine anarchica’ e la ‘cocciutaggine burocratica’ del Commissario. Finchè, dopo la recitazione di ampi passi della messa in latino, decide di tirare fuori i documenti mostrando, ‘casualmente’ dice lui, il tesserino da tenente cappellano dell’esercito italiano. Il Commissario scattò sull’attenti facendo cadere la sedia all’indietro rimanendo immobile e rigido nella posizione militare. Alla richiesta del perché di un tale comportamento sussurrò: “Lei è un tenente, un mio superiore…”.
Qualcuno ascoltandolo parlare sul treno si era convinto che fosse un falso prete, da qui la segnalazione ed il controllo. Ma anche il Commissario capì ben presto che Don Gallo era “un prete vero e un tenente sui generis”.
Anche alla morte di Fabrizio, durante il funerale, quando Genova si fermò, Don Gallo era “nella piazza, insieme agli anarchici, con un fazzoletto rosso al collo e sotto la loro bandiera nera”. E non è un caso che la stessa Dori Ghezzi abbia detto pubblicamente che Don Gallo fa parte della famiglia De Andrè: “io nella mia vita di strada e nella mia comunità, lui nell’umanità dolente delle sue canzoni”, come ci dice lo stesso Don Gallo.
Gli episodi, gli incontri e gli incroci con persone famose e perfetti sconosciuti, con fatti ed avvenimenti stranoti e situazioni impensabili, si succedono senza sosta.
E nel finale si parla anche di un incontro-invito ad un laboratorio di Lele Luzzati (un terzo ‘gigante’ genovese, dopo De Andrè ed il nostro autobiografo) dove Don Gallo va a raccontare una storia a 100 bambini “tutti desiderosi di disegnare sotto lo sguardo paterno di questo grande artista.”.
Ma, come se fosse la sua vera ed inestinguibile vocazione, in conclusione non può fare a meno di citare una seconda volta il personaggio a tutti sconosciuto che apre la sua autobiografia, Stella, “sudamericano, transessuale, tossicodipendente”, rifiutato da tutti e diventato con loro, per un anno e mezzo, “la stella di tutti, dei grandi e dei piccoli”. Don Gallo è così, a dispetto degli anni che passano, dentro si sente ancora un bimbo, come De Andrè probabilmente, come Lele Luzzati sicuramente e, forse, come Stella in quell’anno e mezzo trascorso fra amici. (G.M.)